Quando ho deciso che il web sarebbe stato il mio attuale lavoro e forse il mio futuro, sono incappato nella SEO. Se vi state domandando che cos’è la SEO, posso affermare con certezza di non potervi dare una sola definizione, tanto è vasto l’ambito di applicazione di questa materia.
Che cos’è la SEO? (Search Engine Optimization)
Cominciamo con la cosa più facile: SEO è l’acronimo di Search Engine Optimization che in italiano sta per “ottimizzazione per i motori di ricerca“; una terminologia usata per indicare le attività necessarie al miglioramento degli aspetti interni ed esterni di un sito web, allo scopo di incrementare il traffico che il sito stesso riceve dai motori di ricerca (che in questo e in altri post semplifico con l’acronimo MdR).
Il vero problema, secondo il mio modesto parere, è che per la SEO, oltre alla vastità del campo di applicazione, non esiste un vero e proprio percorso di studio tradizionale, mentre proliferano a dismisura: corsi online e non, incontri, seminari, convegni e un delirio di documentazione su siti web, blog, magazine e forum di settore. Ora senza entrare nell’annosa questione del “chi sa fare fa e chi non sa fare insegna“, mi è facile affermare che se sono molte le fonti online qualificate dalle quali prendere ispirazione, sono ancora tante le fonti poco attendibili o quelle che ripropongono come nuove, teorie superate dal tempo o dagli algoritmi dei MdR (ora e qui mi è necessario fare una precisazione: quando mi riferisco ai MdR in generale, in realtà faccio riferimento a Google che in Italia è il MdR per eccellenza).
Quindi, ho deciso di scrivere questo post per cominciare a sfoltire il campo da tutte una serie di “bufale” SEO e web, per evitare di perdere tempo con nozioni sbagliate o deprecate. Quelle che seguono sono solo alcune tra le comuni “fake“, che buone letture di maestri competenti mi hanno suggerito di scartare.
Ovvio che non potrò portare a termine questa opera in una sola volta, ma provvederò ad aggiornare il post ogni volta che scoprirò una nuova “bufala“.
Bene, signore e signori, vado a cominciare!
È assolutamente sconsigliato utilizzare più volte il tag “<h1>”!
Ecco questa è proprio strana, perché mai un MdR dovrebbe penalizzare una pagina che contiene più di una volta questo tag.
Se guardiamo la cosa dal lato codice, il W3C non ha mai affermato di deprecarne o sconsigliarne l’uso multiplo, quindi perché non farlo.
Se guardiamo dal lato SEO, con più intestazioni “<h1>” tendiamo solo ad attribuire la stessa importanza a più argomenti presenti nella pagina, e che riteniamo ugualmente importanti. Quindi se a fini editoriali, volevamo proprio ottenere questo risultato, ben venga l’uso multiplo delle intestazioni “<h1>“.
In ultimo, se Google valuta l’importanza di un testo anche in funzione delle sue caratteristiche visuali, così come facciamo noi leggendo un qualsiasi quotidiano (al punto che si dice: a caratteri cubitali, di un testo o di una frase che balza agli occhi), perché non utilizzare i titoli “h1-h6“ che fanno proprio questo lavoro e sono correttamente interpretati da tutti i browser e i MdR?
Conclusione: se impiegati in modo corretto è possibile utilizzare più di un tag “<h1>”
Quale è meglio ai fini SEO il tag “<b>” oppure il tag “<strong>”?
Ogni tanto su blog, forum o gruppi specializzati su Facebook ricominciano le annose discussioni attorno alla domanda: per marcare come rilevanti alcune parti del testo di una pagina (keyword o parti significative) è meglio utilizzare il tag bold (“<b>“) oppure quello strong (“<strong>”), per rappresentare il più classico “grassetto“.
Alcuni tra gli editor più famosi per il linguaggio HTML e taluni CMS, tanto per intenderci mi riferisco a WordPress, ad un certo punto hanno deciso di optare per il tag “<strong>” perché in HTML 4 il tag “<bold>” era stato deprecato dal W3C.
In ogni caso, l’uno o l’altro tag tratta del modo di enfatizzare una parte del testo che noi riteniamo particolarmente rilevante, per poterla offrire al lettore, in maniera tale che anche visivamente sia segnalata come contenuto importante.
Anche se il tag “<strong>“ ha un valore semantico in più rispetto al tag “<bold>”, questo non vuol dire che il suo uso aiuterà dal punto di vista della SEO, anzi un suo utilizzo smodato e non coerente con il testo, non permetterà a nessuno di scalare le SERP dei MdR; al contrario se ben utilizzato, suggerirà al lettore e ai MdR che il contenuto enfatizzato ha un’importanza significativa rispetto a tutto il resto del contenuto testuale.
Con l’avvento dell’HTML 5 i tag necessari ad enfatizzare il testo hanno assunto un significato maggiormente qualificante; ma questo è un altro discorso e cercherò di approfondirlo in un altro post. Al momento con certezza è possibile affermare che:
Conclusione: il tag strong è l’unico da utilizzare per enfatizzare il testo
I MdR percepiscono come segnale negativo una codifica HTML non valida
L’ennesima “bufala” che periodicamente gira in rete è l’idea che una pagina con la codifica HTML non valida possa inviare ai MdR un segnale di ranking negativo in termini di SEO.
In realtà la presenza di codice non valido non ha alcuna influenza ai fini SEO visto che sia i browser che gli spider utilizzano un metodo di funzionamento per il quale fino a quando gli utenti sono in grado di utilizzare e di interagire con il contenuto di una pagina il MdR non ha motivi per penalizzarla. Anzi sia i browser con i quali navighiamo in Internet, sia gli spider che scandagliano la rete per aggiornare gli indici dei MdR sono dotati di parser (porzioni di codice che, semplificando di molto il concetto, applicano le opportune correzioni alla grammatica HTML delle pagine web) per correggere gli errori di codifica presenti nel codice.
A dimostrazione di quanto detto, chiunque è in grado seguendo il link al Servizio di Validazione del W3C di provare la qualità del codice di una pagina web. Io per esempio ho testato la pagina di Google Italia. Con questo test è facile rendersi conto che la pagina di ricerca del più importante MdR, presenta alla data del 5 febbraio 2018 ben 2 Warning e 21 Error. Eppure funziona e gode di un ottimo posizionamento SEO.
A dirla tutta se la codifica non valida potesse essere considerata un segnale di ranking negativo, la pagina di Google non sarebbe da considerare come un buon esempio, visto che contiene la buca di ricerca e poco altro… e ben 23 errori di codifica HTML.
Detto questo è evidente che i siti web che hanno una codifica HTML totalmente validata sono in percentuale un numero veramente esiguo, che secondo le ultime ricerche non supera il 5% della massa critica dei siti web archiviati dai MdR. Quindi credo di poter affermare che:
Conclusione: la codifica HTML non valida NON INCIDE in nessun modo con la SEO
Continua…
Alessandro Di Somma
Alessandro Di Somma rappresenta la Web Napoli Agency che si occupa della realizzazione e del restyling di siti web, a Napoli e provincia. È un appassionato blogger che scrive su diversi argomenti, tra cui tecnologia, web design e marketing online.